Il progetto LifrDrylands suscita interesse anche sulla stampa locale e il quotidiano “La Provincia Pavese” ha dedicato l’articolo che riportiamo:
Le brughiere tra Lombardia e Piemonte riportate al volto originario: l’ambiente rinasce – di Gaia Curci.
Nonostante l’anno di pandemia, il pro gramma europeo “Li fe Drylands – Restauro delle praterie e delle brughiere di Piemonte e della Lombardia”, diretto dal dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente dell’università di Pavia, prosegue senza interruzioni. “Ci sono stati alcuni rallentamenti dettati dalle continue li mitazione per il Covid – ammette la professoressa e responsabile scientifica Silvia Assini – però siamo riusciti a concludere la progettazione esecutiva di tutti gli interventi che, secondo il programma, devono essere realizzati nei prossimi due anni. Inoltre, abbiamo cominciato ad intervenire già direttamente su un’area di brughiera: la Baraggia di Rovasenda a Lenta, in provincia di Vercelli. Qui, proprio in questi giorni, gli operai stanno iniziando a eliminare le piante legnose che non c’entrano col territorio. Poi verranno fatti rafforzamenti della biodiversità, introducendo le specie autoctone di brughiera”.
L’obiettivo è migliorare lo stato di conservazione di alcuni habitat naturali che sono inclusi nella rete Natura 2000, la più grande rete di aree protette a livello europeo. Gli ambienti di cui “Life Drylands” si occupa sono spazi aperti, che stanno su substrati acidi, zone che sono tendenzialmente aride, in Italia prevalentemente localizzate nella Pianura padana occidentale, quindi Piemonte e Lombardia.
Assini specifica: “Il valore di questi territori è alto, anche per il fatto che sono un’eccezione straordinaria alle aree generalmente antropizzate della nostra pianura. I territori di cui sto parlando sono brughiere, arbusteti dominati da Calluna vulgaris, detta più comunemente “brugo”, prati aridi e popolati dalla graminacea Corynephorus canescens, o “panico bianco”. Insomma, aree che sono sempre state un po’ trascurate perché in Pianura padana di solito si privilegia gestire i boschi e le zone umide, dimenticando che, nonostante il terreno sia ricco di acqua, ci sono un sacco di prati aridi che risultano fondamentali sia per le specie botaniche che ospitano, sia per muschi e licheni”.
Tali habitat, che il progetto dell’università di Pavia prende in esame, oggi sono per la maggior parte compromessi e degradati: invasi soprattutto da specie legnose sia native sia alloctone, che evolvono verso macchie boscose (e che perciò devono essere rimosse). “Eppure sono habitat che possono fornire importanti benefici al la società, servizi ecosistemici – chiarisce Silvia Assini – Una parte del nostro progetto è dunque finalizzata a valutare l’impatto dell’intervento umano su di essi. In particolare, abbiamo intenzione di concentrarci sul servizio di impollinazione, perché oggi si assiste al la moria delle api e, rispetto al le zone umide e ai boschi, i prati fioriti delle zone in studio possono essere una soluzione da non tralasciare. Poi monitoriamo la salute e la presenza di licheni, muschi e coleotteri”.
“Un ultimo nostro scopo è sensibilizzare il pubblico allo stato delle brughiere, in modo da attuare piani che riguardi no aree più ampie rispetto a quelle già in oggetto”.
GAIA CURCI